In Italia si sente ancora molto poco parlare di VBAC, ma sembra che qualcosa comincia a muoversi.
Fino ad oggi, la possibilità di partorire naturalmente dopo un parto cesareo appariva davvero remota o comunque sconsigliata. Questa “scuola di pensiero” ancora molto diffusa, è probabilmente la causa di una scarsa conoscenza in merito alla possibilità di partorire naturalmente dopo un parto cesareo.
Al di là di quelle che possono essere le convinzioni personali di ginecologi ed ostetriche, ci sono delle evidenze scientifiche, fondate su studi e raccomandazioni delle autorità sanitarie internazionali che definiscono la scelta di un parto vaginale dopo un parto cesareo come “buona pratica clinica” invitando ad abbandonare il principio secondo il quale una donna che abbia partorito con taglio cesareo non possa partorire per vie naturali nelle gravidanze successive.
Cos’è il parto VBAC?
VBAC è un acronimo inglese che sta per Vaginal Birth After Cesarean, ovvero parto vaginale dopo cesareo. Contrariamente a quanto sembra, non si tratta di un termine moderno, ma risale agli anni ’70 e si deve all’ostetrica del Massachusetts Nancy Wainer Cohen autrice del libro Silent Knife: Cesarean Prevention and Vaginal Birth After Cesarean ribattezzato dal Wall Street Journal “La bibbia della prevenzione dei tagli cesarei”. Nancy Cohen diede il via ad un vero e proprio movimento a favore del parto spontaneo dopo il cesareo.
In Italia, in merito al VBAC, invece, si parla di “travaglio di prova”, il ché risulta alquanto forviante perché questa definizione esprime una certa incertezza e può facilmente suscitare nelle madri tutta una serie di dubbi e preoccupazioni di fronte a questa possibilità.
In realtà, il “travaglio di prova” (TOL) non è altro che un comune travaglio che può svolgersi da manuale o può presentare delle complicanze. L’Istituto superiore di Sanità pone delle linee guida molto chiare, secondo le quali, in assenza di particolari condizioni che esporrebbero a maggiori rischi, la possibilità di un VBAC deve essere offerta a tutte le donne.
Quando è possibile un VBAC
Così come molte donne che desiderano un parto naturale si trovano invece in sala operatoria, anche per il VBAC si può prospettare una situazione analoga. Non è detto che una donna con un precedente parto cesareo alle spalle riesca poi a partorire spontaneamente.
È sempre un tentativo, in ogni caso.
Ci sono però, delle condizioni che possono favorire il successo del VBAC:
- Devono essere trascorsi almeno 2 anni dal parto cesareo;
- Taglio sull’utero per il precedente parto orizzontale e non verticale;
- Uno o più parti vaginali prima del parto cesareo;
- Utero privo di anomalie significative;
- Nessuna rottura dell’utero pregressa;
- Nessuna isterotomia pregressa;
- Avvio spontaneo del travaglio;
- Peso del bambino inferiore a 4 kg.
- Una donna convinta di questa scelta dopo essere stata adeguatamente informata, perché il parto spontaneo, ricordiamolo, è fisiologico. Dunque, anche l’approccio “di testa” di una donna a questo evento ha un ruolo fondamentale nel successo del VBAC.
Nel caso di parti gemellari o di più tagli cesarei alle spalle, il VBAC, invece, va proposto con cautela, ma comunque in generale è fondamentale consultare un medico esperto il quale, tra le 32 e le 36 settimane di gestazione, in base i parametri clinici della mamma può valutare la possibilità o meno di un VBAC.
Statisticamente, le ricerche scientifiche disponibili a livello mondiale rivelano che una donna ha il 72-75% di probabilità di riuscire a partorire spontaneamente dopo un taglio cesareo. Sono circa 3-4 donne su 5 ad avere successo con un VBAC, un dato abbastanza incoraggiante.
Benefici e rischi di un VBAC
La scelta di promuovere un parto vaginale dopo un cesareo è supportata da evidenze scientifiche in quanto si ritiene che ci siano meno rischi di mortalità materna e perinatale a differenza delle gravi conseguenze causate da tagli cesarei multipli.
In merito, infatti, il taglio cesareo ripetuto comporta numerose complicanze per la salute delle mamma, come:
- Una maggiore predisposizione ad anomalie della placenta (placenta previa o accreta);
- Un maggior rischio di emorragia;
- Isterectomia e morbosità composita.
Dal punto di vista del neonato, invece, un parto naturale comporta una minore esposizione a problemi respiratori e un sistema immunitario più sviluppato.
Sul piano dei rischi, quello più discusso e analizzato relativo al VBAC è la rottura dell’utero; tuttavia, per una corretta informazione, è giusto sottolineare che si tratta di un rischio relativamente basso, che si aggira attorno allo 0,5%.
A questo proposito, sono stati individuati alcuni fattori che aumentano il rischio di rottura dell’utero durante il parto:
- Età avanzata della mamma;
- Più parti cesarei alle spalle;
- Obesità;
- Patologie mediche o ostetriche che precludono un parto vaginale (es. gravi cardiopatie; o anomalie dell’inserzione della placenta, ecc.);
- Necessità di indurre il travaglio.
Contrariamente, non avere precedenti episodi di cesarei alle spalle e quindi aver partorito sempre e solo per via vaginale sembra abbia un ruolo protettivo dell’utero, allontanando l’ipotesi di rottura.
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