Sviluppo del linguaggio: lo svezzamento è una tappa da non sottovalutare

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Uno dei tanti crucci di noi neo genitori riguarda il momento in cui nostro figlio comincerà a parlare e man mano che cresce se non vediamo progressi tendiamo subito ad allarmarci. Come mamma non sono particolarmente ansiosa, anzi, tendo a rispettare molto le tappe di mia figlia senza inutili forzature che reputo solo controproducenti ed evito come la peste i paragoni tra bambini, perché ogni bambino è unico e in quanto tale ha i suoi tempi. Per lo sviluppo del linguaggio però, c’è comunque un lasso di tempo da considerare entro il quale se nostro figlio non parla o ha un vocabolario decisamente ridotto è il caso di consultare una logopedista.

A questo proposito, propongo un cambio di rotta.

Generalmente siamo portati a consultare un professionista solo all’insorgere di un problema, ma se invece giocassimo d’anticipo? Ci sono tanti accorgimenti da adottare per favorire lo sviluppo del linguaggio, tra questi lo svezzamento rappresenta un importante momento preparatorio e insieme alla dottoressa Tina Santarpia, logopedista, andiamo a capire il perché.

L’importanza della masticazione per il linguaggio

In genere, verso i 6 mesi, si comincia con lo svezzamento vero e proprio perché i neonati, a prescindere dalla presenza o meno di dentini, sono in grado di masticare. La masticazione infatti, non necessita di denti, ma utilizza i muscoli orofacciali, ovvero i muscoli della faccia. Questo esercizio è importante perché va a specializzare e tonificare i muscoli di labbra, lingua e bocca.

Il passaggio dall’alimentazione liquida (latte) a quella solida (cibo) implica una buona competenza orofacciale e questa progressione sul piano alimentare è strettamente connessa ad altre funzioni: deglutizione, respirazione e articolazione verbale, ovvero il linguaggio.

È molto importante, quindi, non limitarsi ad offrire al bambino solo cibo di consistenza semi solida come polpette, purè, vellutate, carote schiacciate ecc., ma variare la consistenza dei cibi per favorire lo sviluppo del linguaggio.

Un bambino che non mastica e che non utilizza i muscoli orofacciali, molto probabilmente è un bambino che non parla.

Come capire se nostro figlio è pronto allo svezzamento

A larghe linee, i neonati sono potenzialmente pronti allo svezzamento intorno al sesto mese di vita, tuttavia, se è veramente arrivato il momento sarà il bambino stesso a farcelo capire attraverso una manifestazione di interesse e curiosità verso il cibo che mangiano i genitori.

Ecco perché è importante costruire sin da subito l’abitudine di mangiare insieme, per bambino e genitori anche questo è un importante momento di apprendimento e scoperta.

Inoltre, si può pensare di iniziare lo svezzamento quando ha acquisito le competenze fisiologiche necessarie, come:

  • La maturità digestiva (che solitamente si raggiunge intorno ai 4/5 mesi);
  • Il controllo del tronco, perché deve essere in grado di stare seduto da solo senza aiuto;
  • La scomparsa dei riflessi legati alla suzione, ovvero deve aver perso il riflesso di estrusione, quello per il quale se si avvicina un cucchiaino alla sua bocca gli fa buttare fuori la lingua;

Tuttavia, il raggiungimento di questa maturità fisiologica non indica che il bambino sia effettivamente pronto allo svezzamento e quindi ad accettare alimenti diversi dal latte. Dunque, è di fondamentale importanza che il bambino manifesti curiosità e interesse verso il cibo, in caso contrario, bisogna aspettare evitando inutili forzature.

Ciuccio con retina anti soffoco: si o no? La risposta della Logopedista

No, no e no. Capisco che per i genitori possa essere difficile abbandonare le sicurezze, ma meglio frequentare un corso di disostruzione pediatrica, piuttosto che non permettere al bambino di maturare abilità più complesse come la masticazione nei tempi corretti”.

La retina o il ciuccio antisoffoco è una sorta di succhiotto che consente di dare al bambino dei cibi solidi avvolti però in una retina o in un ciuccio di silicone con dei fori più larghi all’estremità. Con questo strumento, il bambino viene stimolato a succhiare forte per assaporare il gusto del cibo all’interno, senza però entrarci veramente in contatto e quindi ad averne la gestione.

L’utilizzo della retina anti-soffoco impedisce al bambino di sperimentare le diverse consistenze dei cibi e di imparare a gestire pezzetti più o meno grandi, rallentando così, il naturale processo di maturazione di queste abilità che, come abbiamo detto all’inizio, portano anche ad ritardo nello sviluppo del linguaggio.

Sarebbe più opportuno tagliare frutta e verdura a pezzi di media grandezza in modo che il bambino possa tenerli in mano e mangiarne un pezzetto alla volta.

La masticazione, infatti, con la crescita del bambino si specializza, così come la deglutizione e questo tipo di progressione sul piano dell’alimentazione è strettamente correlata al modo in cui il bambino utilizzerà la lingua per i primi suoni vocalici fino a quelli più complessi.

Dunque, lo svezzamento e nello specifico la consistenza dei cibi, è strettamente connessa con la specializzazione oroprassica finalizzata al linguaggio.

A questo proposito, sin dall’inizio dello svezzamento possiamo proporre al neonato i cibi solidi nei cosiddetti “tagli sicuri”, come mostrano le immagini di seguito realizzate dalla Pediatra Carla Tomasini:

 

Spero che questo articolo ti sia stato utile, ma se hai domande o altri suggerimenti lascia pure un commento.

 

Di seguito, invece, ti condivido il video della rubrica in cui parlo di un uso alternativo del ciuccio antisoffoco:

 

Un abbraccio,

Cri.

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Tina Santarpia

Dottore di Ricerca (PhD) in “Patologia e Fisiopatologia molecolare” e Logopedista specializzata in patologie dell’età evolutiva. Dal Gennaio 2013 esercita la professione di logopedista nel Centro Riabilitativo Medico Pompei come consulente ed esercita la libera professione nel suo studio privato. Alla sua professione dedica il suo tempo ed il suo interesse, pertanto, segue regolarmente corsi di aggiornamento, ha conseguito il titolo di tecnico ABA-VB presto l’ Istituto Walden di Roma.

Certa dell’importanza di unire le reciproche competenze nell’interesse del paziente, la dottoressa si interfaccia con numerosi specialisti ed è sempre in contatto con le strutture educative di appartenenza dei piccoli pazienti offrendosi di supporto agli operatori scolastici al fine di uniformare la loro condotta operativa e la sua pratica riabilitativa, effettuando colloqui periodici e valutazioni sul posto, ove necessario. “Ho bisogno di gente seria, intelligente e di cui mi possa fidare. Vado a giocare con i bambini!”

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