Ci chiamano “mamme equilibriste”, una definizione così fantasiosa e delicata che può trarre inganno su quale sia la realtà. La verità è che oggi scegliere di diventare madre e non rinunciare alle proprie aspirazioni professionali è davvero una “mission impossibile” tra casa, figli e lavoro.
Migliaia di mamme tra le “vittime” della pandemia
Sono oltre 30mila le mamme che durante la pandemia sono state costrette a presentare le dimissioni. Un numero impressionante, ma la cosa peggiore è che, almeno per la maggior parte, ci saranno enormi difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro a breve.
Le scuole e gli asili nido sono riaperti e ci si può incontrare, quindi chi ha questa possibilità può ricorrere nuovamente a nonni e familiari per affidargli i propri figli, eppure questo non basta per “ripristinare” la condizione di tante mamme al pre-pandemia, questo perché il problema non è solo organizzativo.
L’Italia è un paese in cui essere una donna in età fertile o avere uno o più figli è visto come un ostacolo per affermarsi professionalmente. La discriminazione di genere è una consuetudine per molte aziende, mentre altre danno l’ok alle “quote rosa” ma solo dopo gli “anta” e non si avverte nemmeno un briciolo di imbarazzo a dichiararlo apertamente.
Eppure spostando lo sguardo non troppo lontano da noi ci sono paesi in cui le donne sono assunte anche con il pancione; dove si parla di genitorialità e non solo di maternità; dove si riconosce il valore del lavoro di uomini e donne senza alcuna distinzione e l’importanza della famiglia per la crescita sociale.
La cosa sconvolgente è che questi paesi non hanno fatto altro che adattare il proprio “sistema” lavorativo, le strutture e i servizi alle proprie esigenze sociali. Il lavoro in smart working, per esempio, non è visto con diffidenza ma è addirittura preferito, perché annulla le spese di un ufficio, risolve il problema degli spazi ed è anche “amico” dell’ambiente, perché evitando di spostarsi si riducono i mezzi in circolazione e quindi meno inquinamento.
Certo, non tutte le professioni si possono svolgere in remoto, ma le soluzioni ci sono per permettere alle mamme di lavorare, basta volerle trovare.
Per esempio:
- Gli asili nido aziendali;
- baby sitter condivise;
- congedi;
- agevolazioni fiscali per chi assume mamme;
- sussidi alle famiglie per poter ricorrere ad una tata.
Insomma, in Italia il problema di fondo è culturale. A questo proposito, rimando ad un articolo del Sole24Ore che porta la firma di Julia Elle, una donna e una mamma che stimo molto e seguo da tempo, la quale fa un’interessante riflessione sulle difficoltà di introdurre nuovi valori in una società in cui chi può fare la differenza oggi è proprio quella stessa generazione che ha creato i modelli da superare.
La scelta crudele: essere madre o affermarsi professionalmente
Essere madre o affermarsi professionalmente, questo è il dilemma. Chi ha la fortuna di poter contare su un sostegno familiare ha maggiori possibilità di sottrarsi a questa decisione, ma chi ha i nonni lontani o che lavorano e non può permettersi altre “risorse” a cui affidare la cura dei propri figli deve confrontarsi quotidianamente con sensi di colpa, frustrazioni e stress.
Certo, ci sono anche donne che decidono di non lavorare per dedicarsi alla cura dei propri figli e altre che, invece, decidono di non avere figli per dedicarsi alla carriera, ma la differenza sostanziale di queste circostanze è la scelta consapevole e non il sacrificio, una rinuncia obbligata dalle circostanze.
Ciò che probabilmente sfugge è che una donna diventa “anche” madre, ma i desideri, le aspirazioni, i progetti per cui ha studiato, lavorato, sudato e anche sofferto non spariscono con la maternità, al massimo si mettono da parte in attesa di avere spazio. Per una donna rinunciare definitivamente al lavoro (quello per cui si è formata) significa sacrificare una parte di sé. È una mutilazione vera e propria.
Sembra assurdo doverlo spiegare in un tempo in cui le donne vanno nello spazio e occupano posizioni di potere, eppure chi dovrebbe riconoscere e tutelare il valore sociale delle madri e delle madri lavoratrici ancora oggi sposta lo sguardo altrove, anziché preoccuparsi di fornire tutti gli strumenti necessari per permettere alle donne e madri di mantenere pacificamente entrambi i ruoli.
La necessità di lavorare in questa direzione è proprio sotto agli occhi di tutti:
- le famiglie sono il motore della società;
- un paese senza figli è destinato a morire;
- una donna frustrata, insoddisfatta non può essere una brava mamma;
- una lavoratrice “mutilata” non sarà mai brillante;
- una mamma equilibrista è sempre stanca e stressata.
Essere mamma e lavorare a casa: ecco cosa significa
Sono sempre più numerose le donne e mamme che si reinventano e lavorano da casa nel tentativo di superare le difficoltà di un lavoro che porta a trascorrere intere giornate “fuori”. Il fatto è che per i problemi risolti ce ne sono di nuovi a cui trovare una soluzione.
Lavorare da casa significa aggiungere al carico domestico anche quello professionale, senza trascurare la cura dei figli. Bisogna tenere tutto sotto controllo. Un’organizzazione impeccabile. Giornate scandite al minuto per riuscire ad occuparsi di tutto e ricavare anche del tempo libero: U-T-O-P-I-A!
Questa è una condizione ideale, ben lontana dalla realtà fatta di lavatrici accumulate per rispettare le scadenze lavorative; figli parcheggiati un intero pomeriggio davanti alla tv per cercare di recuperare quanto è stato trascurato; una doccia all’alba; una giornata intera trascorsa fuori per placare i sensi di colpa verso nostro figlio o nostra figlia per poi recuperare durante la notte e andare a dormire alle 2. Incomprensioni con il proprio partner per non aver fatto o non aver detto o ancora non essersi accorto di qualcosa. Insomma, altro che “semplificazione”.
Un altro aspetto da considerare è quello del supporto familiare che, al contrario di quanto accade quando la mamma è costretta a sposarsi per andare a lavoro, quando svolge la propria occupazione da casa questa viene considerata dai familiari più vicini alla pari di un hobby. Non c’è la stessa disponibilità o la stessa preoccupazione nel proporsi come supporto.
“Se hai bisogno fammi sapere”, questa è la frase di rito. Il fatto è che una madre lavoratrice ha un bisogno di aiuto quotidiano e spesso si crea il problema di chiamare tutti i giorni qualcuno per avere supporto. L’ideale sarebbe che una volta chiama lei e la volta successiva venisse chiamata, ma anche questa rappresenta una sfida.
In base alla mia esperienza personale, credo che non si possa fare un totale affidamento sul supporto familiare perché il più delle volte bisogna cavarsela da sole e quindi una ventata di “modernità” nelle politiche sociali a favore delle mamme lavoratrici autonome, indipendenti, imprenditrici è il vero sostegno di cui abbiamo bisogno per difenderci da stress, frustrazioni e sensi di colpa.
Le mie pillole di sopravvivenza
Come fa a sopravvivere una mamma equilibrista? Bella domanda. Mi viene in mente una canzone di Vasco Rossi che dice: “è tutto un equilibrio sopra la follia”. Sì, è proprio così. Si diventa folli, l’augurio è nel senso buono del termine, anche se ci sono giorni in cui i manicomi dovrebbero essere riaperti e noi rinchiuse.
Penso che ciascuna di noi abbia una risposta del tutto personale a questa domanda, perché le dinamiche sono così varie e ogni mamma equilibrista con una certa tenacia e anche un bel po’ di fantasia (sì, serve anche quella) riesce a trovare un modo per far quadrare le cose.
Parlando di me, se qualcuno mi chiedesse dei consigli su come affrontare le difficoltà di una madre equilibrista gli direi:
- Non avere paura del cambiamento, perché può essere una grande occasione per aprire quel “cassetto” e realizzare quel progetto. Parto con questo consiglio perché subito dopo essere diventata mamma di Flavia, mi sono “ritrovata a casa”. Promesse di un contratto lasciate al vento, fiducia calpestata e dignità ferita. C’è stato un momento di smarrimento, ma poi ho preso il coraggio a due mani e ho aperto il mio “cassetto” per realizzare il sogno di fare della mia passione il mio lavoro. Quindi, mai arrendersi e sempre a testa alta!
- Collaborazione, la parola d’ordine. Passiamo all’atto pratico, in casa la collaborazione è fondamentale. Bisogna aiutarsi a vicenda e dividersi il carico con il partner in modo da avere entrambi un “respiro”, a volte singolarmente, altre volte insieme. Non esistono cose da donne o cose da uomini, sicuramente c’è una maggiore predisposizione in certe mansioni, ma tutti possiamo fare tutto.
- Organizzazione sommaria. Può essere utile organizzare la giornata, o meglio, la settimana inserendo i vari impegni in base alle loro priorità; tuttavia, non bisogna lasciarsi sorprendere dall’imprevisto che può rovinare in tutto o in parte i nostri piani. Quindi, sempre pronte ad un piano B.
- Imparare a chiedere aiuto quando se ne ha bisogno. Non c’è nulla di male nel “non farcela da sole”. Si fa sempre del nostro meglio, ma al contrario dell’ideale sociale che ci vuole supereroine, siamo umane, siamo fallibili e abbiamo il diritto di essere stanche. Per cui se un aiuto non arriva spontaneamente, allora facciamo quella telefonata e lasciamoci aiutare.
- Educare i bambini a rispettare il proprio lavoro. I bambini sono piccoli non incapaci di capire le esigenze di mamma o di papà, basta saperglielo spiegare. Dunque, è importante lavorare anche in presenza dei nostri figli e in quel tempo dare anche a loro un impegno, un “lavoro” da portare a termine quando mamma finirà il suo. Nell’immediato si hanno tante difficoltà, perché dopo un po’ il bambino o la bambina cercherà attenzioni, ma con il tempo i risultati arrivano.
- Ascoltarsi, rispettarsi, riposarsi. Ci sono giorni che partono con il verso sbagliato, magari perché si è stanchi o perché ci si sente frustrate per non aver fatto un qualcosa come avremmo voluto o per aver reagito come non avremmo voluto. In questi giorni, bisogna prendersi più cura di sé stesse e magari sfruttare una telefonata ai nonni per trascorrere un po’ di tempo a tu per tu con noi senza sentirsi in colpa per aver tolto del tempo agli impegni, o peggio, ai nostri figli. Diventando madri, in maniera del tutto naturale, ci si pone in secondo piano per dare priorità alla cura e alla felicità di nostro figlio. Ciò che però dobbiamo tenere sempre bene a mente è che un bimbo felice è figlio di genitori sereni.
- Non lasciare “entrare” i giudizi, perché possono trasformarsi in tarli e indebolire la tua motivazione.
- Fidarsi di sé stesse. Credi in quello che fai e abbi fiducia nelle tue decisioni. Nei giorni in cui senti vacillare la tua determinazione ricordati che con il tuo esempio stai insegnando a tu* figl* a non arrendersi di fronte alle difficoltà e a lottare per ciò in cui crede.
Penso di aver esaurito tutte le mie “risorse” con questo breve elenco di consigli. Quello che tengo a chiarire, in tutta sincerità, è che questi punti rappresentano un mio ideale. Dunque, ci sto lavorando, non è semplice e me ne rendo conto ogni giorno.
Alla fine credo che le “mamme equilibriste” non siano quelle donne che sono riuscite a trovare un metodo per portare avanti casa, figli e lavoro in maniera impeccabile, senza che nulla resti indietro. Esistono?!
Seconde me, le mamme equilibriste sono quelle che nonostante i propri “fallimenti” quotidiani hanno trovato un loro equilibrio interiore, una serenità tale da non farle vacillare di fronte alle difficolta è questo a renderle straordinarie.
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